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Scheda approfondimento: Sant'Agata

Giovan Domenico Molinari?

(Caresana 1721 - Torino 1793)

 

Sant'Agata

(1760-1770)
Olio su tela, 58,5 x 46 cm inv. 93.

 

La figura di Sant'Agata emerge dallo sfondo scuro con movenze e pathos tipicamente arcadici, che appaiono quasi in contrasto con l'immagine cruenta, in primo piano, dei seni mozzati, simbolo del martirio. L'impostazione delle figure e la stessa cromia consentono di collocare il dipinto in un'area culturale assai prossima al Beaumont, artista di corte attivissimo lungo gli anni centrali del XVIII secolo. Fra i pittori educati alla scuola del disegno del Beaumont e impegnati tutti, come collaboratori del maestro, alla manifattura degli arazzi, sembrerebbe ipotizzabile un accostamento del dipinto a Gian Domenico Molinari, di cui già nell'elogio postumo pubblicato dal Vernazza (1793, pp. 89-100) si elogiava la capacita di approssimarsi allo stile del maestro. La tela con Sant'Agata sembra rispondere infatti a pieno a quei caratteri di «proporzione», di « semplicità delle forme» e « grazia delle movenze » fondamento, sempre secondo l'indicazione del Vernazza, dell'insegnamento del Beaumont, di cui il Molinari fu l'allievo meno critico.
Riscontri tipologici è possibile ravvisare fra la tela della collezione Mallé e dipinti documentati del Molinari: si veda, ad esempio, l'analogia fra la figura dell'angelo e quella del Bambino in braccio alla Vergine nella pala per la parrocchiale di Strambino, del 1784. Nel dipinto di Strambino, opera tarda del pittore, si notano però una compostezza accademica, un irrigidimento che non sono presenti nella tela con Sant'Agata: se ne propone, quindi, la datazione ad anni alquanto precedenti, fra 1760 e 1770. Una più definita soluzione del problema attributivo e della collocazione del dipinto nel corpus di opere del pittore potranno essere consentiti da approfondimenti sulla produzione del Molinari, che ha ricevuto in anni recenti una pin chiara definizione grazie agli studi di M. di Macco e P. Astrua (M. Di Macco, 1980, vol. I, pp. 82-83 e vol. III, p. 1465; P. Astrua, 1987, pp. 79-81; per i documenti cfr. Schede Vesme, 1966, pp. 704-708); resta però ancora in parte da indagare l'ampia e diramata attività del pittore che si dispiega dai lavori per l'arazzeria di corte agli interventi in Palazzo Reale e in altre residenze aristocratiche, dalla ritrattistica (ancora in gran parte da reperire) alle pale per gli altari della provincia.

 

Camilla Barelli, in E. Ragusa (a cura di), Museo Mallé Dronero, L’Artistica Savigliano, 1995.

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