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Scheda approfondimento: Venere e Marte

Giovanni Battista Crosato

(Treviso 1697 c. - Venezia 1758)

 

Venere e Marte

Olio su tavola
63,5 x 60 cm., inv. 94.
Restauro: 1995,
A. Perugini, Mondovì.
L'opera è riconoscibile nell'elenco allegato all'inventario di eredità, collocata nel salotto.

 

Nuovi dati documentari hanno permesso di spostare la data di nascita verso il 1697 (L. Moretti, 1987), confermando le indicazioni delle fonti (A. Selva, 1780). Oltre la formazione che lo aveva messo in contatto con le opere del Tiepolo a Udine, in particolare gli affreschi dell'Arcivescovado, è sicuro l'incontro a Venezia con Sebastiano Ricci, con il Pellegrini e l'Amigoni e, in occasione di un viaggio in Emilia, con la pittura del Crespi, come ha indicato il Pallucchini (1960). Erano le basi per un gusto rocaille sostenuto da un realismo vivace, venato di ironia, che entrerà nelle ville e nel teatro come una svolta autentica. Troviamo infatti il Crosato attivo in questo senso fin dal 1730 a Torino, incaricato con Alessandro Mauro per le scenografie del Teatro Regio, punto di partenza chiarito dall'attenta lettura di un documento decisivo, ritrovato e discusso da Mercedes Viale Ferrero (1980). L'estro capriccioso e le invenzioni mutevoli di fronte alle iconografie dell'arcadia, allora imperniata sui testi del Metastasio, avevano suggerito a Juvarra l'inserimento del pittore nei cantieri aperti della capitale. Il Crosato sarà richiesto per affreschi e sovrapporte a Villa della Regina, per decorazioni di lambriggi, porte e paracamini in Palazzo Reale e per le grandi volte della Palazzina di Caccia di Stupinigi; in un secondo soggiorno, dal 1740 al 1745, altri suoi interventi per gli affreschi alla Consolata e all'Immacolata Concezione, poi a Chieri e a Pinerolo. Tornerà stabilmente a Venezia dal 1746, attivo per ville e palazzi fino al 1758. Il presente esemplare trova precisi confronti con le opere del primo tempo, circa il 1732-1733, in particolare con il paracamino di Venere nella Fucina di Vulcano nel Gabinetto del Maneggio Segreto degli Affari di Stato, Torino, Palazzo Reale, the un documento di pagamento del 1733 (A. Baudi di Vesme, 1963) riferisce alla ristrutturazione avviata da Juvarra per Carlo Emanuele III; erano stati coinvolti artisti come Piffetti e Ladatte per i mobili, il Beaumont per la prima volta, oltre alla Gili e al Crosato. Il dipinto e concluso da un bordo illusivo, aderente ai paradigmi della rocaille, e segue il prezioso disegno degli intagliatori impegnati nella decorazione delle porte, lavorate in pastiglia dorata, per cui anche il Crosato era stato incaricato di inserire puttini e amorini. Si conferma cosi l'indicazione del Malle (1974) che aveva identificato quest'opera con un probabile pannello di portantina, e aveva pensato ad una provenienza dalla reggia torinese; si può aggiungere che l'iconografia si avvicina al momento celebrativo segnato nei reali appartamenti da Polissena d'Assia, sposa di Carlo Emanuele III dal 1724 al 1735. La scena risulta impreziosita nella modellazione dei nudi della dea, della ninfa e dei tre amorini, con un'eleganza imperlata e luminosa, evidente nei rossi lacca, nei verdi e nei Bianchi; i confronti portano ad alcuni particolari dei pannelli dello zoccolo, ora Torino, Palazzo Madama, con scene dalle Metamorfosi dove la Leda con il cigno e i puttini presentano lo stesso scorcio raffinato. Ang. G.

 

Angela Griseri, in E. Ragusa (a cura di), Museo Mallé Dronero, L’Artistica Savigliano, 1995.

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