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Scheda di approfondimento: Ritratto di architetto con figlio

Pittore piemontese?

 

Ritratto di architetto con figlio (ultimo quarto sec. XVIII)

 

Olio su tela
83,5 x 66 cm., inv. 96.
L'opera è riconoscibile nell'elenco allegato all'inventario di eredità, collocata nella sala da pranzo al pian terreno.

 

Gli strumenti di lavoro posati sul tavolo in primo piano permettono di identificare il personaggio ritratto in un architetto. Nonostante l'evidenza data ai simboli del ruolo sociale e produttivo, non si tratta di una immagine ufficiale, destinata a una sede pubblica. Un elemento intimo e confidenziale è introdotto dalla presenza, inconsueta nei ritratti maschili, del bimbo teneramente abbracciato dal padre, il quale ammicca verso il riguardante con espressione orgogliosa e al tempo stesso divertita. Un retaggio ancora settecentesco e offerto dal taglio diagonale impresso alla composizione dalla natura morta in primo piano: nel giro di breve tempo, a partire dai primi anni dell'Ottocento i personaggi tenderanno a mettersi in posa frontalmente. L'ambientazione del nostro quadro elimina invece ogni elemento accessorio per concentrare l'attenzione sul personaggio, dietro il quale sfuma il grigio dello sfondo neutro. Accanto ai caratteri formali, anche la foggia degli abiti permette di fissare la datazione dell'opera all'interno del nono decennio del secolo: la marsina dalle maniche aderenti, provviste di alto risvolto ai polsi, e il pizzo bianco che arricciato fuoriesce all'altezza del petto dalla sottomarsina; ma è soprattutto il taglio del colletto a fungere da sicuro parametro cronologico. Esso infatti, privo di ogni bavero fino al 1770 circa, comincia poi a rialzarsi progressivamente, fino a raggiungere negli anni '90 proporzioni vistose, con ampi risvolti. In complesso il dipinto appare aderente ai canoni internazionali più aggiornati, anche facendo riferimento a un'opera come il Ritratto dell'architetto J. F. Desmaisons di Jacques-Louis David, del 1782 (Buffalo, Albright-Knox Art Gallery; cfr. A. Schnapper, 1989-90, pp. 142-143, scheda 54). Gli occhi ingigantiti e vivaci del bambino introducono un ingrediente di gusto francesizzante, che ricorda i ritratti di Elisabeth Vigee-Lebrun e di Jean-Baptiste Greuze. Proprio il carattere francesizzante autorizza ad ipotizzare una sua origine sabauda. Sebbene la ritrattistica piemontese tardo settecentesca non sia stata ancora indagata sistematicamente, non mancano orientamenti di gusto internazionale tra le opere, note, come l'Autoritratto (del 1790) di Carlo Antonio Porporati, incisore in costante rapporto con Parigi, Greuze e Vigee Lebrun (cfr. S. Pinto, 1979, p. 962, scheda A 712 e V. Natale, 1987, pp. 252-253). Anche il disegno che compare sul foglio in primo piano non esclude una pertinenza piemontese. Il carattere neoclassico e francesizzante del progetto decorativo d'interno appare compatibile col gusto che ispira il lavoro di una generazione di architetti, protagonisti dell’ammodernamento degli appartamenti nobiliari torinesi a partire dal 1770 circa (cfr. P. San Martino, 1993, pp. 279-282 e fig.11) e che trova un culmine significativo nel rinnovo dell’appartamento dei Duchi d’Aosta in Palazzo Reale, eseguito su disegno di Giovanni Battista Piacenza e Carlo Randoni per le nozze di Vittorio Emanuele del 1789 (cfr. F. Dalmasso, 1980, pp.96-97 e fig.; P. Astrua e M. Di Macco, 1980, pp.98-100, scheda 103). V.N.

 

Vittorio Natale, in E. Ragusa (a cura di), Museo Mallé Dronero, L’Artistica Savigliano, 1995.

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