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Scheda approfondimento: Allegoria dell'Angelo custode

Charles Dauphin

(1620 c. - Torino 1677)

 


Allegoria dell'Angelo custode (1665 c.)

Olio su tela
118, 5 x 77 cm., inv.125
L'opera è riconoscibile nell'elenco allegato all'inventario di eredità collocata nel salotto.

 

L'attribuzione del Mallé (1974) al Dauphin è confermata dall'analisi stilistica che permette di datare il dipinto al 1665 ca., in prossimità della Comunione di Sant'Onorato, nella seconda cappella a sinistra del Duomo di Torino, di patronato dei panificatori, costruita nel 1663, in anni in cui il Duomo « era un cantiere aperto alle più qualificate sperimentazioni, culminanti nell'intervento di Guarini per la Cappella della Sindone, e si presentava, in parallelo alla concettuale retorica politica che si andava visualizzando nel nuovo arredo dell'attiguo palazzo ducale, come sede più idonea per l'aggiornamento del messaggio religioso affidato ai pittori membri della torinese Compagnia di San Luca» (M. di Macco, 1982). Il dipinto si inserisce in questa linea devozionale, con il soggetto dell'Angelo custode, mentre il Mallé indicava come iconografia La scala di Giacobbe; i confronti sono con la pala di Sant'Onorato, per il taglio compositivo della croce posta in diagonale; analoga la modellazione per il Cristo, per gli angeli e i puttini, che rimandano ai profili tipici di Vouet. E’ un riferimento, fin dagli inizi, per l'attività del pittore, attivo per la corte sabauda e per il principe di Carignano dal 1655 fino al 1677. Lo conosciamo soprattutto attraverso le opere per Palazzo Reale e per la reggia di Venaria, con ritratti e temi mitologici, mentre per il capitolo delle opere religiose, importanti sono le tele (1664) per la chiesa di San Francesco da Paola, volute da Cristina di Francia per l'altar maggiore di patronato ducale e il precedente San Paolo trasportato in cielo (1659), dell'Oratorio della Compagnia di San Paolo, ora Torino, Istituto Bancario San Paolo.
Più rari i dipinti con soggetti meno legati alla retorica di corte, come ad esempio l'Angelo custode, che si distingue per l'inserimento di uno scorcio di paesaggio con un accenno di cascata in primo piano e a destra rovine architettoniche con un medaglione scolpito a figure classiche. Nell'insieme prevale una morbidezza raffinata, legata alla maniera di Michel Dorigny, allievo e genero del Dauphin; l'opera permette in questo senso di ipotizzare una destinazione riservata ad un ambiente domestico, pur sempre indirizzata ad una committenza elitaria. Il legame con Vouet è ribadito da Mallé, che per il paesaggio ha indicato "timbri dughetiani. Frizzi d'orlature e spirali di panneggi sono assorbiti nel movimento barocco, accaldato dalla densità cromatica d'un'atmosfera entro cui si sfogliano alcune note di colore acidulo". Ang. G.

 

Angela Griseri, in E. Ragusa (a cura di), Museo Mallé Dronero, L’Artistica Savigliano, 1995, pp 76-77; A. Griseri, 1981, pp. 29 e 31; L. Mallé 1974.

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