Scheda approfondimento: Natività e angeli
Bottega di Bernardino Campi
Reggio Emilia 1520 - 1591
Natività e angeli
Secolo XVI - Olio su tela
194,5 x 128 cm., inv. 121.
Restauro: 1995,
A. Perugini, Mondovì.
L'opera è riconoscibile nell'elenco allegato all'inventario d'eredità, collocata nel salotto.
Il dipinto ha subito nei secoli numerosi, stratificati restauri che nell'attuale intervento non hanno potuto essere eliminati interamente, come si evidenzia ad esempio nel gruppo di angioletti alla sommità della tela; la lettura del testo pittorico non può dunque prescindere da tale disomogeneità qualitativa.
L'opera documenta la fortuna di un modello dedicato alla Natività, che si riconosce nel dipinto in San Michele a Cremona, firmato e datato «1568 Bernardinus Campus Crem.s Fa », studiato e filologicamente ricostruito in anni recenti da Giovanni Romano (1982), in rapporto al cartone della Natività con san Bartolomeo e angeli che cantano, Torino, Accademia Albertina. E la traccia di base che era servita al pittore per l'insieme e per i particolari delle figure e del paesaggio, ripresi senza varianti nella presente replica, ad eccezione della centinatura. L'esecuzione privilegia, in questa occasione, una modellazione più definita e marcata, evidenziata nel panneggio, nel gruppo meno raffinato degli angeli e nel paesaggio semplificato. Altro riscontro, sempre partendo dallo stesso prezioso cartone, la tela con la Natività, san Bartolomeo e angeli, a Gambolò, Sant'Eusebio, firmata e datata 1572. E’ ancora evidente la «vaghezza del disegno» che le fonti, ad esempio il Lamo (1584), avevano annotato, sottolineando il disegno manierista, qui misurato con cadenze pausate.
Il dipinto della collezione Mallè è un'ulteriore testimonianza del successo della pittura di Bernardino Campi, che si era inserito nella situazione milanese dal 1550 al 1570, ricorrendo alla collaborazione di aiuti per la realizzazione dei suoi cartoni, utilizzati ripetutamente per rispondere alle numerose richieste di una fedele committenza aristocratica. Come ha sottolineato Giovanni Romano (1982), il momento in cui si situa questa iconografia potrebbe « collocarsi al vertice di quel processo di "cristianizzazione" del manierismo cremonese, da parte di Bernardino, cui aveva alluso il Longhi già nel 1929».
Angela Griseri, in E. Ragusa (a cura di), Museo Mallé Dronero, L’Artistica Savigliano, 1995, pp.70-71.
BIBLIOGRAFIA: A. Lamo, 1584; R. Longhi, 1968, p. 123; G. Romano, 1982